Alla scoperta dell’oro delle Serre Salentine: passeggiata a Matino e visita ai frantoi ipogei
E così noi de “A Locanda Tù Marchese” dimora storica e orto-locanda a Matino(Lecce), proponiamo ai nostri ospiti o ai loro amici, una passeggiata tra i vicoli stretti della città vecchia e di scendere poi in delle piccole porticine, custodi di un passato che pochi conoscono , quando Matino affiancava Gallipoli , capitale mondiale dell’olio da lampada (o olio lampante). In collaborazione con associazioni ed enti territoriali, organizziamo queste passeggiate sia in bicicletta sia a piedi, affiancandole a laboratori culinari e d’artigianato e a degustazioni.
Il frantoio ipogeo del Salento
I frantoi costituiscono significative testimonianze del passato nel contesto della civiltà contadina ed un importante patrimonio del presente, che seppure non più idoneo alle attuali condizioni di vita, contribuisce a rendere più sorprendenti questi superstiti luoghi di un mondo scomparso. In autunno con l’inizio della raccolta delle olive, si formavano le ciurme( gruppi di 5 uomini, quattro trappitari e un nachiru, nocchero). La maggior parte delle ciurme era impegnata nei frantoi paesani e specie in quelli di Matino; altre emigravano nelle vicine province e nel metapontino. Ogni ciurma aveva a disposizione due cavalli o muli, che dovevano far ruotare le macine e lo facevano con gli occhi bendati, perché non venisse loro il capogiro. I trappitari, sempre scalzi per tutto l’inverno, dentro e fuori del frantoio, svolgevano insieme con gli animali, un lavoro continuo, giorno e notte, con turni ben stabiliti.
La prima molitura
Si cominciava con la prima molitura(se ne facevano due).L’animale faceva girare in una grande vasca , la pietra o le pietre (una o tre ruote di pietra pesantissime), che riducevano le olive in poltiglia(la pasta)fatta di polpa e noccioli frantumati.Le olive erano state prelevate da riquadri di deposito, le sciave. La pasta veniva presa dalla vasca e posta in una specie di madia (mattra), rivestita di latta, a tenuta per trattenere l’olio. La mattra serviva pure ai trappitari per poggiare i fisculi, comprimerli verticalmente verso il basso , in modo da allargarli per essere riempiti. I trappitari riempivano quindi di pasta i fisculi, contenitori circolari con circonferenza poco inferiore a quella della base del torchio. I fisculi erano fatti di corde di giunco intrecciate legate all’ imboccatura centrale da canapa filata. Avevano due facce circolari e parallele; quella superiore recava al centro un’imboccatura , attraverso la quale si introduceva la past. Una volta riempiti i ripianati, i fisculi erano sistemati uno sull’altro, a pila sulla base del torchio. Tale operazione era di competenza esclusiva del nachiru.
Gallipoli, capitale mondiale dell’olio lampante
Le grandi capitali d’Europa, tra cui Parigi, Londra, Berlino, Vienna, Stoccolma, Oslo, Amsterdam, dall’inizio del XVI secolo si illuminavano grazie alla produzione di olio lampante di cui Gallipoli era uno dei maggiori porti d’esportazione, fin quando non arrivò l’elettricità e la produzione si trasformò totalmente in olio alimentare.
Le proprietà dell’olio di Gallipoli erano la chiarezza e la bellezza e la borsa di Londra definiva il prezzo di quest’ultimo sulla base delle quotazioni salentine.
Davvero un grande successo nel passato per l’olio lampante di Gallipoli; noi della Locanda vi faremo degustare l’olio di uno dei frantoi di Matino, accompagnato con altre tipicità locali tra cui friselline e taralli…siete pronti a sentire il resto della storia di questi frantoi proprio al loro interno?