La figura del cantastorie è stata da sempre conosciuta in tutte le parti del mondo, in tutte le lingue, viandanti e gente di paesini, o grandi città usava raccontare a chiunque avesse voglia di ascoltare , storie e leggende di paese, di laghi, foreste e luoghi. Storie di amori, avventure, di tradizioni, di disgrazie, storie umane rese straordinarie da piccole o grandi aggiunte fantasiose.
I cantastorie giravano per le piazze, i mercati, le fiere dei paesi, da sempre portatori di una tradizione orale che aveva avuto origine con gli greci e i giullari medioevali , bardi celtici, trovatori o trovieri del Medioevo francese e nella scuola poetica siciliana. A volte usavano farsi accompagnare da uno spezzone musicale accompagnati da una chitarra, o da altri strumenti come la fisarmonica (o la lira in tempi più remoti.In piedi su uno sgabello o sul tavolone di un osteria, raccontavano le loro storie disegnate su cartelloni.
In particolare la figura del cantastorie in quanto tale si affermò negli anni antecedenti la prima guerra mondiale , con lo scopo principale di informare le masse. Queste voci narranti dunque erano portatrici di fatti di cronaca di grande rilevanza come omicidi, tradimenti d’amore, fallimenti di industrie, risse e battaglie. Questo aveva come intento quello di far conoscere al grosso pubblico fatti di grossa rilevanza come omicidi, tradimenti fatti d’amore e di avventure.
Tutti seguivano la narrazione con molta attenzione e alla fine si creavano spontaneamente gruppi di discussione, o schieramenti tra le opinion, nel peggiore dei casi risse.
Naturalmente era buona usanza donare a chi raccontava le storie, qualcosa come simbolo di ringraziamento. Che fosse un pezzo di pane, una moneta, un frutto, era tutto ben accetto dai viandati che raccontavano queste storie. A volte questi vendevano inoltre ai loro spettatori uno o più foglietti colorati con stampate le parole appena cantate.
Dopo ringraziava la gente e ripartiva per altri paesi, in cerca non solo di altre masse che lo ascoltassero , ma anche di nuovi paesaggi e persone, che fungessero da fonte di ispirazione.
Anche nel Salento, i cantastorie portavano in giro le loro novelle, spesso in dialetto; le nonne e le mamme le imparavano, raccontandole poi ai propri figli attorno ad un caminetto; i bambino li raccontavano ai loro amici mentre giocavano a “mazza e castillo”, o a campana…le vecchie anziane del paese ci ridevano su vecchie leggende di spiritelli che infestavano il paese, i più giovani le temevano, i codardi si guardavan le spalle dall’uscire nelle ore notturne in determinate zone.
Dopo gli anni ’50, con l’avvento del vinile, queste storie venivano incise e vendute su dischi, prima a 78 giri poi 45.
Raccontare, raccontare e raccontare, uno dei più grandi bisogni umani, iniziarono i primitivi nelle caverne disegnando ciò che vedevano durante le loro giornate. Storie raccontate non solo per tramandare delle memorie e delle informazioni utili, ma soprattutto per emozionare e far fantasticare grandi e bambini.
E oggi grazie ai nuovi strumenti Social, tra cui Facebook, e Instagram , attraverso foto, pensieri, post condivisi, citazioni sembra ancora più facile raccontare la propria storia; come se non servisse più viaggiare per portare in giro i propri racconti. Eppure la figura del cantastorie aveva un diverso fascino, un contatto più umano con il suo pubblico, una solitudine da viandante che lo rendeva più profondo.