La Paparina: Papavero comune, Genere papaver
Benvenuti nel mio angolo dedicato alle meraviglie delle erbe spontanee salentine! Qui, nel cuore del Salento, un territorio baciato dal sole e avvolto da tradizioni millenarie, la natura ci offre un tesoro inestimabile: le erbe selvatiche. Queste piante, spesso sottovalutate, non solo arricchiscono il nostro paesaggio, ma sono anche un patrimonio culturale e gastronomico da riscoprire.
Nel corso dei prossimi articoli, esploreremo insieme le varietà più comuni, le loro proprietà benefiche e come utilizzarle in cucina e nella vita quotidiana. Impareremo a riconoscere quelle che possono trasformare un semplice piatto in un capolavoro di sapori e colori, e scopriremo i segreti delle ricette tradizionali tramandate di generazione in generazione.
In un’epoca in cui il ritorno alla natura è più importante che mai, vi invito a unirvi a me in questo viaggio alla scoperta delle erbe spontanee salentine, per valorizzare ciò che la nostra terra ha da offrire e riscoprire il legame profondo tra uomo e natura. Pronti a partire?
Papavero comune: Papaver rhoeas L
Altri nomi comuni: Rosolaccio
Nomi dialettali: scattarola, paparina, fritta
Famiglia: Papaveraceae
Periodo raccolta: gennaio-marzo (rosetta basale)
Miti e leggende sulla paparina
Il papavero, soggetto ricorrente in acquerelli e iconografie, è frequentemente associato al frumento e alle messi, creando un contrasto di colori che richiama paesaggi, culture e momenti di vita rurale. Nel linguaggio floreale, il papavero simboleggia la bellezza fugace, proprio come i suoi delicati petali. I Romani raffiguravano la dea Cerere con un bouquet di papaveri, mentre i Greci adornavano il dio del sonno, Ipnos, con una corona di questi fiori. Gli antichi lo consideravano anche un simbolo di pigrizia, influenzato da Saturno. Con i semi di papavero e miele, i Romani preparavano una bevanda sedativa chiamata cocetum, che aveva effetti più blandi rispetto a quelli del papavero da oppio.
Coltivazione e utilizzi
I papaveri infestanti, considerati archeofite, sono stati introdotti nell’area mediterranea insieme ai frumenti coltivati, originando da una regione subdesertica dell’Iran. Oggi, questa specie è diffusa in tutta l’area mediterranea, in Siberia, e si estende fino all’Iran, mostrando una forte dipendenza dalle attività antropiche. In Italia, si riscontra in tutte le regioni, dalle pianure fino a circa 2000 metri di altitudine, e ha trovato habitat anche in America del Nord, Australia e Nuova Zelanda.
Tuttavia, negli ultimi decenni, la popolazione di papaveri infestanti è in forte rarefazione, principalmente a causa dell’uso intensivo di diserbanti nelle coltivazioni di cereali. Questa specie, nota per la sua adattabilità a diverse condizioni ambientali e substrati, tende spesso a comportarsi come infestante negli orti e nei seminativi. La sua capacità di prosperare in vari contesti la rende un elemento interessante da studiare, soprattutto alla luce delle attuali pratiche agricole e delle loro implicazioni sulla biodiversità. La specie annuale si propaga esclusivamente tramite semi, che sono neri e lucidi. I frutti vanno raccolti quando virano dal verde al giallo e maturati in sacchetto di carta. La semina avviene in autunno, sia in semenzai con terriccio e sabbia, sia direttamente in piena terra lavorata.
I semi di papavero sono tradizionalmente usati per rotolare pani e dolci prima della cottura, una pratica che risale all’epoca degli zar in Russia. Nel Salento, i bambini giocano con i boccioli del papavero per indovinare il colore dei petali, associandoli simbolicamente a Paradiso, Purgatorio o Inferno. Il papavero, amato dalle fanciulle per il suo potere colorante, produce petali utilizzati per sciroppi e tessuti. Sebbene innocuo, è spesso associato al papavero da oppio. I petali, ricchi di principi attivi, hanno proprietà sedative e sono usati in infusi per trattare disturbi respiratori e irritazioni cutanee.
Ricette:
Papaveri saltati con salame: Soffriggere 2 spicchi di aglio in sei cucchiai di olio, aggiungere capperi, olive nere, peperoncino, salame a pezzetti ed infine i papaveri lavati, sgocciolati e sminuzzati. Salare e cuocere per venti minuti a fuoco lento.
Paparina cu lu lapazzu (papaveri con romice): In una pentola con dell’olio di oliva, far rosolare 2 spicchi di aglio e poi aggiungere i papaveri ben lavati e sgoc-ciolati, ai quali si aggiunge qualche pianta di romice (Rumex crispus) nota con il nome dialettale di lapazzu. Far soffriggere e cuocere per 15-20 minuti e, prima di ultimare la cottura aggiungere a piacere sale, olive nere, peperoncino piccante.
Decotto (calmante ed espettorante): 200 g di petali in mezzo litro di acqua bol-lente, per un giorno. Si filtra e si aggiunge 1 Kg di zucchero che si fa sciogliere a fuoco lento a bagnomaria.
Dove poter trovare ancora la Paparina?
La paparina si trova nei luoghi incolti e nei campi di grano, quando non vengono utilizzati diserbanti, ai margini delle strade, nei prati e nell’orto.
Noi di “A Locanda tù Marchese” abbiamo dedicato un’intera sezione del nostro menù alle erbe spontanee, che raccogliamo nei campi della nostra azienda agricola. Le puliamo, sbollentiamo e abbattiamo, per poterle gustare tutto l’anno. Assaporare le erbe tipiche spontanee salentine è un modo per avvicinarsi al territorio e riscoprire i suoi sapori più autentici, superando gli stereotipi.
Inoltre, nella nostra azienda agricola è possibile partecipare alla raccolta delle erbe spontanee salentine, imparando a riconoscerle e cucinarle. Scopri di più sulle nostre esperienze in campagna al seguente link: https://lalocandatumarchese.com/laboratorio-in-campagna/